sabato 2 ottobre 2010

FILO': incontro serale delle famiglie contadine nella stagione invernale di altri tempi

Il nome - filò - deriva dal verbo - filare -, nel nostro caso, impegno delle donne di casa di trasformare in filo, con la rocca e il fuso, batuffoli di lana e steli di canapa e di lino, piante queste ultime coltivate poi macerate nell'acqua dei canali e fossati di bonifica, copiosamente presenti nella campagna veneta. Con la lana venivano confezionati, usando i ferri da calza, indumenti per i componenti della famiglia, come calze, maglie, guanti, berretti per l'inverno. I filati di canapa e di lino, tessuti nel telaio di famiglia, servivano per dotare la casa di biancheria in genere, come lenzuola, federe, asciugamani, camicie e capi per la cucina come tovaglioli, canovacci, grembiuli........


Più donne che si riunivano nelle stalle riscaldate dalla presenza degli animali, di sera, per filare, hanno dato origine al filò

L'incontro di lavoro delle donne ha convinto, con il tempo, anche uomini, giovani, banbini e famiglie intere delle contrade di campagna. L'insieme di più persone ha arricchito l'incontro e lo ha animato e trasformato in uno scambio di esperienze e di cultura, in un incontro atteso e gioioso al quale era impossibile mancare.

Ed ecco che nella stagione del riposo della campagna, verso l'imbrunire, le strade si popolavano di persone che frettolose e difese dai scialli e tabarri, si dirigevano verso il tepore delle stalle. In mano o in una sporta portavano gli attrezzi del lavoro che intendevano compiere. Ecco le donne, mamme e nonne di famiglie, che procedono sostenendo anche una sedia per sedersi, munite di rocca e fuso o di un semplice filatoio, spesso anche una sporta con calze da "scapinare" (rifare il piede o una parte, alle calze) o di biancheria da rammendare. Insieme a loro trotterellavano i bambini con la cartella di scuola appesa di traverso sulle spalle: leggere è il loro impegno e giocare il loro desiderio dopo di aver terminato i compiti per le lezioni della mattina dopo. Le ragazze invece tengono nella loro custodia, capi della propria dote da ricamare e abbellire nel migliore dei modi.

Gli uomini arrivano con tutto l'occorrente per riparare o rinnovare gli arnesi da lavoro come cambiare il manico vecchio della vanga, del badile, della falce e delle forche; acomodare rastrelli e i magli, rifare i pioli alle scale e agli scaloni che occorrono per la potatura delle viti e degli alberi. E ancora è consuetudine scegliere i rami di salice (stropei) che secondo la lunghezza e la grossezza servivano per le viti o per intrecciare ceste e corbe, confezionare cestelli per la difesa dei fiaschi e damigiane.

I giovani lavorano guidati dagli adulti e i bambini, terminati i doveri scolastici possono giocare a nascondino senza tanto gridare per non disturbare il lavoro del gruppo.

Questi incontri iniziano con i primi freddi, dopo la semina del frumento, dopo la ricorrenza dei Santi e dei Defunti, quando cioè si avvicina il lungo inverno contadino.

Le famiglie di una contrada e quelle abitanti nelle vicinanze e impegnate nel lavoro in una medesima Corte (fattoria), si riunivano nella stalla ospitale del padrone e rimanevano al caldo alla luce di una lucerna a petrolio detta "canfin".

Era questo il FILO'.

La stalla diventa nell' inverno il centro della vita sociale e spesso famigliare: i bambini anche mangiano e vengono lavati in stalla perchè le case erano fredde e umide come "bissare" (tane delle biscie). La legna scarseggia e il debole fuoco del focolare non scalda a sufficenza.

Attorno alla lucerna a petrolio o canfin si siedono prima le donne che hanno bisogono di maggior luce per filare o cucire o scapinare calze e calzetti si sistemano poi i bambini che devono destreggiarsi con libri e quaderni; poi le ragazze impegnate a ricamare la dote, quindi gli uomini e i giovani occupati nel restauro di attrezzi, seduti nei scanni (sgabelli) della mungitura, su panche, sempre presenti in stalla, o sulla paglia, pronta in mucchi, per il rinnovo, nel mattino seguente, del letto delle mucche.

Nella stalla si lavora e si dialoga volentieri e spesso si canta e si prega . Dice Dino Coltro, ricercatore e scrittore della civiltà contadina veneta, che " la memoria delle generazioni trova nel Filò come la sua cassa di risonanza, diventa autentica scuola, dove tutti apprendono, fin da bambini, i modelli di comportamento, il modo di pensare, l'uso della parola, nei suoi vari aspetti e significati, proprio del gruppo sociale cui appartengono".

(da Il Filò, http://www.prolococorrezzola.it/il%20filo.html)

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