La farina di mais "sponcio" è una vecchia varietà di mais ad impollinazione libera, coltivato nella provincia di Belluno dall'ottocento. La farina che si ottiene possiede caratteristiche nutritive più elevate grazie anche alla tradizionale tecnica molitoria che assicura la presenza delle più importanti vitamine, sali minerali e lipidi vegetali.
L’area classica di produzione e coltivazione (nel passato e attualmente) è la Val Belluna, ma in maniera più tipica e tradizionale la conca feltrina e soprattutto i Comuni di Cesiomaggiore, Feltre, Fonzaso, Seren del Grappa, Pedavena, Arsiè, San Gregorio nelle Alpi.
La farina per polenta ottenuta dal mais sponcio è tradizionalmente presente nella valle feltrina, da quasi due secoli. Sono i caratteri morfologici della cariosside, di forma appuntita che punge le mani dai quali origina l’espressione popolare di “sponcio”, a determinare la peculiarità di questa varietà già descritta nel 1882. Da allora i richiami alla varietà compaiono con sistematicità nelle tabelle tecniche pubblicate da “L’agricoltore bellunese” fino ad arrivare a dettagliate descrizioni tecniche dello Zapparoli nel 1926 e poi da Brandolini nel 1953. Nella memoria degli agricoltori locali è vivo il ricordo dell’alta qualità della farina e delle difficoltà della sgranatura che spesso avveniva a mano.
La farina è ottenuta secondo la tradizione, attraverso la molitura del mais sponcio. Questo è una varietà ad impollinazione libera, caratterizzata dalla conformazione della cariosside che presenta una “punta” tecnicamente definibile come “rostro”, rivolto verso l’apice della spiga. Le spighe sono cilindriche con ranghi disposti regolarmente e colore bianco del tutolo, cariossidi a forma di rostro, di colore aranciato vivo, una consistenza marcatamente vitrea e una forte presenza di caroteni e xantofille. Tra le sue caratteristiche peculiari spicca la vitrosità della cariosside che permette di ottenere una farina per polenta dalle elevate caratteristiche qualitative.
La farina evidenzia un colore giallo-arancio intenso, che permane anche trasformata in polenta, e da cui emanano intensi profumi caratteristici. E’ pratica ammessa dalla tradizione locale, la miscelazione in dosi il 20% con cariossidi delle altre due importanti varietà di mais locali ad impollinazione libera, “fiorentin” e “ungherese”.
Prima di essere lavorato in farina il mais è essiccato con esposizione al sole in idonei graticci, solai e poggioli in legno. Le cariossidi sono macinate secondo la locale tradizione, per l’ottenimento di una farina per polenta dalla grana media (ne troppo fine ne troppo grossolana). La tradizionale farina con mais sponcio, ottenuta dai piccoli molini tradizionali è di due tipi:
- Farina tipo integrale o semi-integrale, con lavorazione a palmenti a pietra. La farina ottenuta presenta la quasi totalità delle parti della cariosside. Essa appare puntinata di porzioni scure, ricca in oli e grassi vegetali e da origine ad una polenta definita in termini positivi come “grassa” e altamente nutritiva.
- Farina a molitura con “cilindri” in cui sono estratti parte del germe e pericarpo. La farina, porta con sé tutta la colorazione e pigmenti delle cariossidi, apparendo di un colore aranciato intenso molto appariscente.
La polenta che si ottiene, cucinata seconda la locale tradizione su paiolo in rame e su fuoco lento a legna, deve essere riversata su un “taier” di legno e come conferito anche dal mais sponcio, deve mantenere la forma del paiolo. Accompagna con successo un gran numero di piatti in particolare formaggio, funghi e affettati.
Noi l’abbiamo trovata nel molino di Tatiana Cesa, una vecchia nostra amica, le cui farine sono rinomate in tutta la vallata per la loro qualità, a Villa di Villa di Mel.
MOLINO CESA DI CESA TATIANA
VIA CASTELLO DI ZUMELLE 22
32026 - MEL (BL)
Tel. 0437747080
venerdì 29 gennaio 2010
mercoledì 27 gennaio 2010
Il pastin di Adriano
Il pastin rappresenta un’importante tradizione della cultura gastronomica della Provincia di Belluno. Il pastin nasce negli anni in cui la macellazione del maiale era un momento di festa, ma anche di necessità, per le comunità contadine che abitavano i paesi della Provincia; anni in cui la cucina era basata su un’alimentazione semplice e “povera”. Tracce bibliografiche del prodotto si trovano ad esempio nella prefazione al libro dello scrittore bellunese Gianluigi Secco: “Polenta e Tocio” edito nel 1972. Comunque, povera non vuol dire assolutamente poco gustosa.
Il pastin è un impasto di carne di suino e bovino, con aggiunta di grasso/lardo, sale, pepe, spezie e aromi vari (chiodi di garofano, aglio, cannella) e vino bianco, che si differenziano leggermente a seconda delle diverse zone di produzione, e dei macellai. Il pastin è un prodotto fresco che si può consumare dopo la preparazione.
Il pastin viene preparato oggi nei laboratori di macelleria. Si tratta di un impasto di carni bovina e suina impastate a mano con l’aggiunta dei suddetti ingredienti e aromi. L’impasto viene successivamente tritato con l’utilizzo di tritacarne con fori di diametro variabile a seconda delle differenti consuetudini. Per tradizione, viene consumato a seguito di cottura alla griglia o in padella e accompagnato da polenta. Secondo noi, uno dei migliori è quello di Adriano Sperandio, che tiene bottega in piazza a Villa di Villa di Mel: lo conosciamo da tanto tempo, e garantiamo sulla sua serietà.
Macelleria Eredi Sperandio Renato Di Sperandio Adriano & C.
Piazza Indipendenza, 6
32026 Mel
Tel.: (+39) 0437747063
Il pastin è un impasto di carne di suino e bovino, con aggiunta di grasso/lardo, sale, pepe, spezie e aromi vari (chiodi di garofano, aglio, cannella) e vino bianco, che si differenziano leggermente a seconda delle diverse zone di produzione, e dei macellai. Il pastin è un prodotto fresco che si può consumare dopo la preparazione.
Il pastin viene preparato oggi nei laboratori di macelleria. Si tratta di un impasto di carni bovina e suina impastate a mano con l’aggiunta dei suddetti ingredienti e aromi. L’impasto viene successivamente tritato con l’utilizzo di tritacarne con fori di diametro variabile a seconda delle differenti consuetudini. Per tradizione, viene consumato a seguito di cottura alla griglia o in padella e accompagnato da polenta. Secondo noi, uno dei migliori è quello di Adriano Sperandio, che tiene bottega in piazza a Villa di Villa di Mel: lo conosciamo da tanto tempo, e garantiamo sulla sua serietà.
Macelleria Eredi Sperandio Renato Di Sperandio Adriano & C.
Piazza Indipendenza, 6
32026 Mel
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martedì 26 gennaio 2010
Il Ristorante di Zigante
L’azienda Zigante, già affermata nella preparazione e nel commercio del tartufo, con l'apertura di questo ristorante situato proprio nel mezzo della valle del Quieto, nella più vasta area boschiva di raccolta che si conosca, intende valorizzare al massimo il prestigioso tartufo bianco istriano.
Accanto al negozio di Levade che oltre al tartufo bianco fresco presenta le confezioni a base di tartufo, con questa iniziativa si intende elevare il centro di raccolta di Levade ad un livello e riconoscimento mondiale.
Il principio e' di offrirlo integro dalla fonte direttamente ai clienti, dal produttore al consumatore, curando la preparazione di piatti tradizionali del luogo arricchiti dal sapore e dal profumo inconfondibili che lo caratterizzano e servendolo quindi affettato. Le specialità della casa, arricchite anche dall'offerta del tartufo nero locale, vengono abbinate ad una scelta di raffinati vini del territorio e delle regioni contermini.
Il tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico) e la qualità più pregiata e raggiunge le maggiori dimensioni.
Si tratta di un tartufo dai colori giallomarrone, verde o grigioverde. Il suo odore e il suo aroma, che sono più intensi che nelle altre specie, dipende della pianta con la quale vive in simbiosi.
Viene estratto nel periodo tra ottobre e la fine di dicembre (stagione del tartufo bianco) quando può venir acquistato allo stato fresco. I posti d'estrazione del tartufo in Istria sono situati attorno alla località di Levade, precisamente nei pressi del bosco di Montona e nella valle del fiume Quieto.
C.E.A. TRADE srl
Portoroska 15, Plovanija
52460 Buje – Istria – Croazia
office@zigantetartufi.com
tel. ++385 52 777 409/410
fax. ++385 52 777 111
http://www.zigantetartufi.com/ita/index.php3
Ristorante "Zigante"
Levade 7, 52427 Levade
Tel ++385 52/664-302, Fax ++385 52/664-303
e-mail: restaurantzigante@livadetartufi.com
Accanto al negozio di Levade che oltre al tartufo bianco fresco presenta le confezioni a base di tartufo, con questa iniziativa si intende elevare il centro di raccolta di Levade ad un livello e riconoscimento mondiale.
Il principio e' di offrirlo integro dalla fonte direttamente ai clienti, dal produttore al consumatore, curando la preparazione di piatti tradizionali del luogo arricchiti dal sapore e dal profumo inconfondibili che lo caratterizzano e servendolo quindi affettato. Le specialità della casa, arricchite anche dall'offerta del tartufo nero locale, vengono abbinate ad una scelta di raffinati vini del territorio e delle regioni contermini.
Il tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico) e la qualità più pregiata e raggiunge le maggiori dimensioni.
Si tratta di un tartufo dai colori giallomarrone, verde o grigioverde. Il suo odore e il suo aroma, che sono più intensi che nelle altre specie, dipende della pianta con la quale vive in simbiosi.
Viene estratto nel periodo tra ottobre e la fine di dicembre (stagione del tartufo bianco) quando può venir acquistato allo stato fresco. I posti d'estrazione del tartufo in Istria sono situati attorno alla località di Levade, precisamente nei pressi del bosco di Montona e nella valle del fiume Quieto.
C.E.A. TRADE srl
Portoroska 15, Plovanija
52460 Buje – Istria – Croazia
office@zigantetartufi.com
tel. ++385 52 777 409/410
fax. ++385 52 777 111
http://www.zigantetartufi.com/ita/index.php3
Ristorante "Zigante"
Levade 7, 52427 Levade
Tel ++385 52/664-302, Fax ++385 52/664-303
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lunedì 25 gennaio 2010
Avio, un comune che sa salvaguardare la tradizione
Il territorio di Avio, per sua natura, è da sempre un'area che basa la sua economia sulle attività agricole e zootecniche. Basta uno sguardo, anche superficiale, a questo tratto di Vallagarina per rendersi immediatamente conto di come la coltura della vite sia il fattore trainante di un'economia che affonda le sue radici in un'antica tradizione.
Attorno alla viticoltura sono nate decine di realtà produttive che si sono sviluppate a partire dal forte retroterra di conoscenze storicamente sedimentate nella cultura materiale del luogo, ma hanno anche saputo applicare con sapienza le più moderne tecniche di trasformazione dei loro prodotti, tanto da raggiungere punte di eccellenza di rilevanza nazionale. Il binomio tradizione e innovazione che caratterizza la produzione vinicola, informa anche il florido settore dell'allevamento: sulle ampie radure del Monte Baldo si è andata sviluppando una significativa realtà dell'alpeggio che trova una simmetrica corrispondenza negli allevamenti più industrializzati del fondovalle. L'economia di Avio risente in maniera significativa anche della presenza dei vicini distretti industriali: la presenza delle grandi infrastrutture di servizio, come il casello dell'A.22; ha favorito la nascita di una rete di piccole e medie aziende che si sono sviluppate nei settori dell'industria, dell'artigianato e del commercio, guadagnando una apprezzata presenza sui mercati grazie a prodotti di qualità. In crescita anche il settore terziario legato allo sviluppo di un turismo culturale e ricreativo, sul modello altoatesino, che si sta velocemente affermando.
Subito dopo la crisi della fillossera, ben presto tutte le vigne furono sostituite con quelle su “piede” americano. Solo nei terreni sabbiosi lungo l’Adige si salvarono delle piante di lambrusco a foglia frastagliata che un tempo si chiamava ambrusca e ora enantio.
Delle viti autoctone che rappresentano un monumento alla viticoltura precedente alla fillossera perché giunte a noi con radici proprie.
Col tempo queste vigne sono state sostituite quasi ovunque, qualche filare esiste ancora, ma solo nella campagna di Avio è possibile trovarne un campo ancora integro e produttivo, quattro lunghe pergole più che centenarie di “enantio storico franco di piede” distese su quasi 7.000 metri quadrati di terreno.
La Cantina sociale di Avio, e la comunità, considerano questo vigneto un patrimonio culturale comune.
Attorno alla viticoltura sono nate decine di realtà produttive che si sono sviluppate a partire dal forte retroterra di conoscenze storicamente sedimentate nella cultura materiale del luogo, ma hanno anche saputo applicare con sapienza le più moderne tecniche di trasformazione dei loro prodotti, tanto da raggiungere punte di eccellenza di rilevanza nazionale. Il binomio tradizione e innovazione che caratterizza la produzione vinicola, informa anche il florido settore dell'allevamento: sulle ampie radure del Monte Baldo si è andata sviluppando una significativa realtà dell'alpeggio che trova una simmetrica corrispondenza negli allevamenti più industrializzati del fondovalle. L'economia di Avio risente in maniera significativa anche della presenza dei vicini distretti industriali: la presenza delle grandi infrastrutture di servizio, come il casello dell'A.22; ha favorito la nascita di una rete di piccole e medie aziende che si sono sviluppate nei settori dell'industria, dell'artigianato e del commercio, guadagnando una apprezzata presenza sui mercati grazie a prodotti di qualità. In crescita anche il settore terziario legato allo sviluppo di un turismo culturale e ricreativo, sul modello altoatesino, che si sta velocemente affermando.
Subito dopo la crisi della fillossera, ben presto tutte le vigne furono sostituite con quelle su “piede” americano. Solo nei terreni sabbiosi lungo l’Adige si salvarono delle piante di lambrusco a foglia frastagliata che un tempo si chiamava ambrusca e ora enantio.
Delle viti autoctone che rappresentano un monumento alla viticoltura precedente alla fillossera perché giunte a noi con radici proprie.
Col tempo queste vigne sono state sostituite quasi ovunque, qualche filare esiste ancora, ma solo nella campagna di Avio è possibile trovarne un campo ancora integro e produttivo, quattro lunghe pergole più che centenarie di “enantio storico franco di piede” distese su quasi 7.000 metri quadrati di terreno.
La Cantina sociale di Avio, e la comunità, considerano questo vigneto un patrimonio culturale comune.
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Graffignana, sui colli tra Lodi e Milano
Graffignana è un piccolo paese in provincia di Lodi, conta circa 2600 abitanti. E' situato tra i colli di San Colombano e le morbide anse del fiume Lambro
Nella storia è stato possedimento dei monaci certosini e nel suo stemma spicca la scritta GRACAR, abbreviazione di Gratiarun Carthusia, acronimo riportato anche nel vestibolo della Certosa di Pavia.
A sud del comune di Graffignana cominciano le colline suddivise in tre sezioni: colline di Graffignana, colline di San Colombano al Lambro e colline di Miradolo Terme. Le colline graffignanine sono le maggiori per estensione pur essendo meno rinomate.
L'agricoltura prospera in una decina di aziende, anche con allevamenti di bestiame; da citare un allevamento di selvaggina a Villa Petrarca, sulla collina di Graffignana.
A Graffignana l'industria si è sviluppata soprattutto nel settore meccanico, con numerose imprese minori e di medie dimensioni specializzate. Una discreta attività edilizia ed una popolazione in moderata crescita fanno di Graffignana un centro in espansione.
Ricordo che abbiamo dormito in una cascina: la Porchirola è una piccola azienda agricola a conduzione famigliare e rispecchia pienamente le caratteristiche tipiche della civiltà rurale lodigiana. Il servizio di ristorazione, funzionante nel fine settimana e nei giorni festivi (é gradita la prenotazione), dispone di due sale per un totale di 70 posti ed offre piatti tipici e casalinghi, realizzati esclusivamente con prodotti aziendali o provenienti da altre aziende agricole locali. L’agriturismo, che dista solo 15 km dalla Città di Lodi, dispone anche di 10 camere da letto, confortevoli, con servizi privati e TV. La capienza massima è di 30 ospiti. Al pernottamento è possibile associare il servizio di prima colazione e/o cena.
Cascina Porchirola,
Graffignana 26813 (LO), Lombardia - Italia
Telefono: 0371209081
Fax: 0371209081
agri.porchirola@libero.it
Nella storia è stato possedimento dei monaci certosini e nel suo stemma spicca la scritta GRACAR, abbreviazione di Gratiarun Carthusia, acronimo riportato anche nel vestibolo della Certosa di Pavia.
A sud del comune di Graffignana cominciano le colline suddivise in tre sezioni: colline di Graffignana, colline di San Colombano al Lambro e colline di Miradolo Terme. Le colline graffignanine sono le maggiori per estensione pur essendo meno rinomate.
L'agricoltura prospera in una decina di aziende, anche con allevamenti di bestiame; da citare un allevamento di selvaggina a Villa Petrarca, sulla collina di Graffignana.
A Graffignana l'industria si è sviluppata soprattutto nel settore meccanico, con numerose imprese minori e di medie dimensioni specializzate. Una discreta attività edilizia ed una popolazione in moderata crescita fanno di Graffignana un centro in espansione.
Ricordo che abbiamo dormito in una cascina: la Porchirola è una piccola azienda agricola a conduzione famigliare e rispecchia pienamente le caratteristiche tipiche della civiltà rurale lodigiana. Il servizio di ristorazione, funzionante nel fine settimana e nei giorni festivi (é gradita la prenotazione), dispone di due sale per un totale di 70 posti ed offre piatti tipici e casalinghi, realizzati esclusivamente con prodotti aziendali o provenienti da altre aziende agricole locali. L’agriturismo, che dista solo 15 km dalla Città di Lodi, dispone anche di 10 camere da letto, confortevoli, con servizi privati e TV. La capienza massima è di 30 ospiti. Al pernottamento è possibile associare il servizio di prima colazione e/o cena.
Cascina Porchirola,
Graffignana 26813 (LO), Lombardia - Italia
Telefono: 0371209081
Fax: 0371209081
agri.porchirola@libero.it
domenica 24 gennaio 2010
L’avventura del Bar allo Sportivo
Siamo a San Canzian d’Isonzo: Roberto Manera ci dice di andare a quel bar, perché ci sono alcuni spuntini, ma il solito non capisce le indicazioni e andiamo dritti nell’altro bar (notare che ce ne sono due, ma tant’è). Finito di mangiare il toast, dopo precedente spuntino al Principato di Bean, fumo tranquillo una sigaretta e mi vedo arrivare una signora che mi fa notare l’errore.
Trasloco veloce e andiamo a vedere e sentire: il bar è stato aperto nel 1930 dal nonno del marito di Nevia, così si chiama la signora, come trattoria. Dopo varie gestioni, quattro anni fa l’ha ripreso Federica, l’attuale titolare, nonché figlia di Nevia.
Nevia, ha una particolarità, che le piave cucinare:dal pane fatto in casa come una volta, anche condito con kummel, semi papavero, sesamo e così via ai primi piatti. Le riescono benei primi piatti, gnocchi e pasticcio, ma anche con i secondi non scherza. Il bacalà è eccezionale: lascia un po’ di pelle bianca per renderlo migliore e per legare gli elementi, ci mette quattro o cinque acciughe pestate, olio, e lo cuoce piano piano, 4 ore, sulla cucina economica.
E poi c’è da sbizzarrirsi: omelettes con spinaci, mozzarella, prosciutto. E il brodetto di pesce con la polenta, frittate varie e dolciumi in genere, con le mele e la birra che danno leggerezza. Figurarsi se non facevamo il terzo spuntino.
Trasloco veloce e andiamo a vedere e sentire: il bar è stato aperto nel 1930 dal nonno del marito di Nevia, così si chiama la signora, come trattoria. Dopo varie gestioni, quattro anni fa l’ha ripreso Federica, l’attuale titolare, nonché figlia di Nevia.
Nevia, ha una particolarità, che le piave cucinare:dal pane fatto in casa come una volta, anche condito con kummel, semi papavero, sesamo e così via ai primi piatti. Le riescono benei primi piatti, gnocchi e pasticcio, ma anche con i secondi non scherza. Il bacalà è eccezionale: lascia un po’ di pelle bianca per renderlo migliore e per legare gli elementi, ci mette quattro o cinque acciughe pestate, olio, e lo cuoce piano piano, 4 ore, sulla cucina economica.
E poi c’è da sbizzarrirsi: omelettes con spinaci, mozzarella, prosciutto. E il brodetto di pesce con la polenta, frittate varie e dolciumi in genere, con le mele e la birra che danno leggerezza. Figurarsi se non facevamo il terzo spuntino.
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