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sabato 10 settembre 2011

Le Giornate del Tartufo Zigante 2011 a Levade (Istria-Croazia)

Una particolare attenzione viene riservata alle Giornate del Tartufo Zigante di Levade che si svolgono anche quest' anno nei mesi di ottobre e novembre.


La Fiera inizia nei giorni 1 e 2 ottobre e prosegue di sabato e di domenica (dalle ore 12,00 alle ore 17,00) in tutti i week end fino al 12 e 13 novembre.

Da ricordare ( 8 e 9 ottobre), oltre alla Mostra del Tartufo Bianco,la presentazione gastronomica delle specialità istriane ; il 15 e 16 ottobre la preparazione e la vendita di specialità al tartufo;il 22 e il 23 ottobre l'Asta del Tarufo e la promozione delle eccellenze istriane premiate ; il 29 e il 30 ottobre cooking show con ospite a sorpresa; il 5 e 6 novembre l'asta del tratufo e la scelta del tratufo più grande e più bello; il 12 e 13 novembre la caccia al tartufo e la chiusura solenne delle Giornate del tartufo Zigante 2011, con programma e ospiti a sorpresa.

La manifestazione ha fatto diventare Levade il più importante centro per la raccolta e la commercializzazione del tartufo bianco. Alla fiera i visitatori possono scegliere e votare i tartufi più grandi e quelli più belli. Vengono organizzate pure delle dimostrazioni guidate per la ricerca e la raccolta del tartufo. Vi si possono degustare anche le altre eccellenze della terra istriana: il vino, l´olio di oliva, i formaggi, il miele, la grappa. Lungo tutto l’arco della durata della mostra, una giuria specializzata assegna dei voti premiando il "re della fiera"- il tartufo bianco istriano che si può acquistare all´asta pubblica.

Zigante Tartufi, sinonimo di qualità ed eccellenza

La Zigante tartufi S.r.l., situata a Plovania, è la prima e unica azienda in Istria e in Croazia che ha intrapreso la strada della conservazione, del confezionamento e della vendita dei prodotti a base di tartufo. L´azienda è stata fondata nel 1992, coronando un´attività´ quasi trentennale nella ricerca e nell´estrazione del tartufo. La famiglia Zigante, proprietaria dell´azienda Zigante tartufi S.r.l., commercializza il tartufo fresco allo scopo di far diventare il tartufo istriano riconoscibile e concorrenziale sul mercato europeo.


Per permettere al mercato di utilizzare il tartufo durante tutto l´arco dell´anno, nel 1996 l'azienda ha sviluppato un particolare sistema di conservazione del tartufo.

Il 'catalogo' della ditta comprende una cinquantina di prodotti freschi e conservati, tartufi bianchi e neri interi o macinati, come pure tartufi affettati abbinati all´olio di oliva, miele, funghi e altri ingredienti.

Una grande novità è rappresentata dalla linea Zigante Delice che comprende creme, salse, marmellate, mieli, oli d´oliva. Questi prodotti di alta qualità, molto gustosi e dal grande valore nutritivo, sono prodotti in modo tradizionale, senza l´aggiunta di conservanti, coloranti e aromatizzanti. I prodotti della Zigante Delice s´ispirano alla fertile terra istriana e alla moltitudine delle sue piante aromatiche. Questi prodotti sono in grado di soddisfare anche i palati più esigenti.

Onde far conoscere a un pubblico più vasto i propri prodotti, l'azienda ha aperto una catena di negozi, la cui offerta è stata arricchita con vini e altri prodotti autoctoni. I negozi si trovano a Buie, Pinguente, Grisignana, Levade, Montona. La ditta´ ha aperto sue filiali in Austria, Svezia, nei paesi del Benelux, Slovacchia, Polonia, Norvegia, Australia e USA, come pure a Novi Sad e a Capodistria dove si trova anche un negozio con 8 dipendenti.

Nel giugno del 2008, su una superficie complessiva di 1.600 m2, è stata aperta la nuova fabbrica per la lavorazione e conservazione del tartufo, nel cui interno si trova l´impianto per la lavorazione e la parte amministrativa.

La costruzione dell´edificio e l´installazione dell´impianto è stato cofinanziato dai fondi europei del programma SAPARD.

L´azienda svolge diverse attività nel campo della promozione della qualità dei prodotti onde avvicinarli ad un cerchio sempre più vasto di consumatori e di pubblico. Nel 2002 a Levade è stato aperto un ristorante specializzato in piatti a base di tartufo, che finora è stato pluripremiato per le sue proposte,

il servizio gentile e l´eccellenza dei suoi menù. Vengono organizzate anche visite guidate nei luoghi di ritrovamento dei tartufi.

sabato 2 aprile 2011

La malvasia istriana di KoreniKa e Moskon

Li ho trovati a Dolo, durante “Dolo, i sapori dell’altro”. Assaggiando il branzino di Irena Fonda, salato col sale di Sicciole, veniva naturale un bicchiere di vino, e cosa bere se non malvasia istriana?


L’azienda vinicola Korenika & Moškon è stata creata nel 1984 da Korenika Miran e il suo partner Ignac Moškon. Prima del 1984, la famiglia Korenika aveva una lunga tradizione di viticoltura e produzione di vini, che è stata improvvisamente interrotta dal regime comunista del tempo. I loro figli continuano oggi la tradizione. Esperienza, metodi tradizionali e approcci moderni fanno sì che i loro vini abbiano la possibilità di migliorare, essere coltivati e trasformarsi in vini di superba qualità.

L’azienda vinicola Korenika & Moškon si trova a Korte, nell’Istria slovena. I principali produttori di squisiti vini rossi e bianchi sono i vigneti che si trovano vicino al mare sullo specchio delle saline di Sečovlje (Sicciole) sui pendii di Korte, che sono esposti ad una quantità di luce solare ideale.

La Malvasia si distingue per il suo colore giallognolo dorato e la sua piacevole freschezza. La fioritura speciale, discreta e distintiva del Malvasia ricorda l’acacia in fiore e il livello moderato di alcol mantiene la pienezza e l’armonia di questo vino.

Oltre la malvasia, la cantina produce anche altri vini, come il refosco,o il cabernet sauvignon, e l’azienda agricola ha anche dell’olio di primissima qualità.

Korte 115c, 6310 Korte, Slovenija

tel.: +386 (05) 64 20 030,

e-mail: info@korenikamoskon.si

http://www.korenikamoskon.si/

mercoledì 16 marzo 2011

Egidio Ziber, Gospodar Sonca, Signore del Sole

Abbiamo incontrato Egidio Ziber a Dolo: lui era venuto con la delegazione di Pirano-Portorose agli incontri programmati per i Borghi Europei del Gusto.


Gia il simbolo è un programma: il caprone istriano bianco che quasi sovrasta un sole rosso. E poi il nome, signore del Sole. E’ stato lui ad insegnarmi a mettere sul branzino di Irena Fonda il sale di Sicciole e un goccio d’olio. Come stuzzichino, accompagnato da una buona malvasia istriana,è eccezionale.

Lui ha 1500 alberi di ulivo su 5 ettari a Sicciole, nell’Istria Slovena: Leccino 60%, diverse varietà autoctone 30% (varietà di Pirano: Buga, Cernizza, Storta), istriana Belica 10%. Le olive sono raccolte a mano, la produzione integrata. Le olive raccolte vengono lavorate entro 12 ore nel frantoio della fattoria. Suggerisco di andare a trovarlo perché è un fenomeno, nel senso buono.

Egidio Ziber

Parecag/Parezzago 168, 6333 Sečovlje /Sicciole

Slovenia

Phone: +386 (0)5 672 09 20

E-mail: egidio.ziber@siol.net

lunedì 14 marzo 2011

Le Saline di Sicciole e il loro sale

Le saline di Sicciole sono le uniche da questa parte del Adriatico, dove il sale è tuttora in produzione e in cui la procedura tradizionale di produzione è sopravvissuta fino ai nostri giorni.


Oggi, il ruolo economico delle saline viene sottoposto alle cure conservative della natura e culturali del luogo. La produzione del sale riguarda anche altri prodotti, come il cioccolato al sale, la conservazione delle saline è stato aiutata dal patrimonio culturale di sensibilizzazione, l'area delle saline sta dando rifugio agli speciali o vegetali rare e specie animali ed è al momento una riserva residenziale dell'ambiente ecologicamente prezioso per l’uomo e ricordo di una volta, ricco patrimonio culturale del Mediterraneo ed attualmente scomparso del paesaggio.

Il sale è prodotto nelle saline, comprendendo evaporazione e bacini di cristallizzazione. L’acqua di mare è una soluzione che evapora e che viene spinta nei bacini di cristallizzazione seguendo il principio di gravità, o coadiuvata da pompe. A Fontanigge, una volta si usavano le ruote spinte dal vento, mentre, gli austriaci avevano introdotto a Lera, un secolo fa, una procedura modernizzata con l'uso di pompe.

I bacini di cristallizzazione coprono circa un quinto di tutti i bacini. In essi, il sale è finalmente fatto, una volta che l'acqua di mare ha viaggiato nelle vasche di evaporazione, a poco a poco ha evaporato.

Il risultato è un sale bianchissimo, ricco di sostanze minerali, non depauperato da lavorazioni.

www.soline.si

venerdì 11 marzo 2011

Il sale di Irena

Stiamo parlando di Irena Fonda, una bella ragazza che ha una passione per il mare e le sue creature non da poco. Allora, mi ha dato una scatola di sale, sale di Sicciole, le famose saline nei dintorni di Portorose. Servirebbe per fare il branzino sotto sale, ma può essere usato anche in altri modi. Il sale di Sicciole è bianco, incredibilmente bianco, e ricco di microorganismi che lo rendono unico.

Giustamente Irena ne va fiera, pur non essendo loquace, ho capito che le piace e ama il mare, in tutte le sue componenti. Il pesce allevato in acqua pulita, come ad esempio il BRANZINO DI PIRANO, alimentato solo con mangime di qualità e senza aggiunta di sostanze nocive, ha il vantaggio, rispetto al pesce che vive libero, di non contenere (o di contenerne solo alcune tracce) di pesticidi, additivi, metalli tossici (mercurio, selenio, cromo ed altri), nitrati, diossine, furani, sulfonamidi, PCB, 3-MCPD, acrilamidi e altri. Inoltre i branzini d’allevamento, rispetto agli altri branzini, contengono una quantità di grassi fino a sei volte maggiore, soprattutto quei grassi che sono utili alla nostra salute. Sono inoltre, oltretutto, una vera specialità gastronomica.

I branzini che commercializza la ditta Fonda, sono freschissimi, e sono consegnati dappertutto, in speciali contenitori. Ho visto che la merce è sotto ghiaccio, e anche il contenitore è buono: dopo un sacco di tempo il ghiaccio è ancora più o meno integro, e il pesce ha ancora un bell’aspetto.

Lei ci ha fatto assaggiare un antipasto davvero originale: pezzettini di branzino, che uniti a sale di Sicciole e olio istriano, hanno un gusto straordinario. Poi, un bicchiere di malvasia istriana viene esaltato nel gusto: il giusto complemento.

FONDA.SI d.o.o.

Liminjanska cesta 117

6320 Portorož – Portorose

Slovenija

T: 051 605 605

F: 05 6772 181

E: info@fonda.si

I: www.fonda.si

domenica 20 febbraio 2011

L'Istria Slovena partecipa nella Riviera del Brenta alle giornate di informazione internazionali

Dal 6 all' 11 marzo si terrà a Dolo (Venezia) una manifestazione denominata 'Dolo: i sapori dell'Altro', promossa dalla Associazione l'Altratavola, dal progetto InfoRiviera (sotto il Patrocinio del Comune di Dolo) e dalla Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto.


Si tratta di una rassegna informativa che mette a confronto giornalisti e comunicatori, rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni, Aziende del settore agroalimentare e turistico, provenienti da ben 5 Paesi Europei (Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria e San Marino) e 6 regioni italiane (Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Campania, Liguria, Calabria), sui temi della valorizzazione e della comunicazione territoriale.

L'Istria Slovena partecipa all' iniziativa grazie all'intervento dell'Ente Turistico di Portorose, che è entrato a far parte della rete dei Borghi Europei del Gusto. "La manifestazione - ha commentato il Direttore dell'Ente -, rappresenta una ulteriore tappa per promuovere Piranioe Portorose in Italia e in Europa".

La rassegna si svolge presso l'Hotel Casa a Colori di Dolo, che nasce dalla ristrutturazione di un antico monastero del '500 e che tutt'oggi rispecchia l'architettura classica delle antiche 'case rurali' venete.

Casa a Colori fa parte di un Consorzio di Cooperative,,Consorzio Villaggio Solidale, e gestita dalla Cooperativa Sociale Città So.La.Re. La filosofia ispiratrice di questo progetto unisce la passione per l'accoglienza ai valori etici di chi prende a cuore importanti iniziative di solidarietà sociale e di promozione del territorio.

Dolo si trova nella Riviera del Brenta, un insieme di paesi (oltre a Dolo Mira, Fiesso d'Artico, Fossò, Oriago, Strà e Malcontenta), sorta lungo l'antico corso del Brenta,il fiume che unisce Padova a Venezia. Grazie alla sua posizione strategica la Riviera ha vissuto dal '500 al '700 un periodo di grande splendore che l'ha trasformata in luogo di villeggiatura privilegiato dai ricchi patrizi veneziani e dai signori padovani.

martedì 26 ottobre 2010

Breve storia di Capodistria

La sua nascita si perde nella notte dei tempi, come pure l'origine del suo nome primario: Aegida, un nome che ricorda l'egida di Atena, la dea greca della sapienza. La leggenda racconta di aspre contese con Poseidone e delle sue persecuzioni contro la dea, che avrebbe cercato rifugio proprio in questa zona. Nella lotta fra le due divinità, l'egida, uno scudo ricoperto di pelle di capra, cadde in mare che Zeus, intenerito dalle suppliche della dea, avrebbe trasformato in un scoglio. In verità, anche visto da lontano o dall'alto, l'isola sembra proprio uno scudo adagiato sul mare.


L'antico nome romano, Capris, deriverebbe invece dal fatto che l'isola era un luogo adibito all'allevamewnto delle capre. Inizialmente non esisteva come centro urbano; probabilmente furono proprio i Romani i primi a colonizzare in parte l'isolotto roccioso, modestamente elevato sulla superficie del mare, e sul quale si sviluppo più tardi Capodistria.

Già molti secoli prima, però, esisteva alla foce del fiume Risano, ai piedi della vicina altura di Sermino, un approdo ed un emporio. Qui avvenivano gli scambi fra le merci e gli schiavi che arrivavano dal nord, via terra, e dal sud, via mare. E' probabile che Aegida fosse il nome proprio di questo emporio, che lo storico romano Plinio il Giovane situò tra la foce del Risano ed il municipio romano di Parenzo. Allorché nel 16 a.C. la penisola istriana entrò a far parte della »X Regio Venetia e Histria«. la località venne completamente romanizzata. Lo confermano i numerosi ritrovamenti di ville rustiche romane e reperti archeologici rinvenuti nell'intera zona del Sermino.

L'isolotto di Capris crebbe d'importanza appena nel V secolo, alla fine dell'epoca romana. Minacciata dalle migrazioni di popolazioni barbariche (Eruli, Visigoti, Ostrogoti e Unni), la popolazione rurale fu costretta a cercare riparo sull'isola, che divenne uno dei punti di riferimento del sistema difensivo del Carso, chiamato Claustra Alpium Juliarum.

Pare che Capodistria abbia avuto una sua chiesa probabilmente già a metà del IV secolo, dopo l'editto di Milano promulgato da Costantino e ricordato da Gregorio Magno. Sembra però che abbia avuto vita breve. Appena nel VI secolo fu formata la diocesi con l'elevazione della chiesa di Capodistria a rango episcopale e con propria sede.

L'antico impero romano d'Oriente, dopo lunghe ed estenuanti lotte contro gli Ostrogoti, nel 539 recuperò l'Istria ed anche i Bizantini si insediarono sull'isolotto. Dopo le successive invasioni degli Avari e degli Slavi, e specialmente dopo l'invasione longobarda del 568, a Capris cercò rifugio pure una parte delle popolazioni dell'agro circostante. L'imperatore bizantino Giustino II permise ai fuggiaschi di insediarvisi e la località fu chiamata in suo onore Justinopolis. Il nome nuovo e quello vecchio continuarono per secoli ad intrecciarsi, tanto che in un documento del 976 troviamo »Justinopolis quae vocatur Capris«.

Le fortificazioni bizantine del VI secolo comprendevano una cinta muraria con nove »porte sante«, in quanto ad ogni porta corrispondeva una cappella dedicata ad un santo.

Durante la dominazione longobarda, grazie alla sua collocazione relativamente sicura, la cittadina rimase più o meno bizantina fino al 788, allorché i Franchi occuparono l'Istria.

Con l'avvento del feudalesimo, Capodistria, come le altre cittadine istriane, dovette subire gli sconvolgimenti dell'antico sistema romano, ancora conservato dai Bizantini.

Già durante il IX secolo Capodistria aveva subito danni alla sua flotta da parte dei pirati saraceni e, per una migliore difesa da questi attacchi e per lo sviluppo dei traffici mercantili, le componenti politiche ed economiche della città iniziarono a rivolgere la loro attenzione su Venezia, che staccatasi da Bisanzio, prepotentemente e rapidamente assurgeva a nuova potenza marinara.

Nel 932 un primo patto commerciale e d'amicizia fu siglato dal comune della città con il doge Candiano II nel quale Capodistria si impegnò per un contributo annuo di cento anfore di vino verso la Repubblica. Fu seguito da un secondo patto nel 1000, che rappresentò, seppure formalmente, l'inizio di un impegno di fedeltà alla Repubblica veneta.

Verso l'anno 1000, la diocesi di Capodistria che all'incirca 250 prima era stata data in commenda al patriarca di Grado, venne unificata con la diocesi di Trieste.

Nel 10036 il comune di Capodistria, che continuò ad esistere pur nello sconvolgimento provocato dall'ordinamento feudale, e pur sottomesso giuridicamente ai marchesi istriani rappresentanti il potere dell'imperatore Corrado II, ottenne da questi certi privilegi, tra cui il diritto di autogovernarsi, e alcuni possedimenti; cercò di conseguire lo stato di libero comune e vi riuscì alternando abili giochi diplomatici fra i patriarchi d'Aquileia ed i veneziani.

Un terzo patto tra le due città marittime fu stretto nel 1145 che rappresentò un successivo graduale avvicinamento ed assoggettamento alle pretese veneziane. Un console veneto visse nella città in qualità di rappresentante della Repubblica e Capodistria fu costretta a fornire a Venezia una galera per ogni sua impresa nell'Adriatico ed a proteggere gli interessi veneziani in Istria. Un nuovo trattato con i Veneziani, nel 1182, favorì Capodistria che ebbe il monopolio marittimo per il commercio del sale della provincia, che era allora un bene immenso.

Nel 1186, accanto al libero comune, che venne rappresentato da un podestà e da quattro consoli, fu ripristinata da papa Alessandro la diocesi, a seguito del concilio Lateranense. La diocesi venne sottoposta al patriarca d'Aquileia.

Il '200 fu un secolo importante e determinante per Capodistria. Nel 1210 fu scelta quale sede principale dei possedimenti istriani dei patriarchi, eletti marchesi d'Istria, che imposero alla città il nome di Capo d'Istria.

Capodistria tentò varie volte di liberarsi dal giogo dei Veneziani, ma non ci riuscì nemmeno con l'aiuto dei conti di Gorizia. Dovette però lottare anche contro colro che volevano limitarne l'autonomia. Nel 1230 il comune di Capodistria formò una lega con altri comuni istriani contro i patriarchi aquileiesi i quali, appoggiati dall'imperatore, volevano distruggere l'autogoverno della città.

Le fazioni che parteggiavano rispettivamente per i patriarchi e per i Veneziani si combatterono per lunghi anni in sanguinose lotte di parte che ricordano quelle tra i guelfi e i ghibellini toscani. Numerosi e vani furono i tentativi di liberarsi dai gravosi impedimenti e legami verso Venezia: le mura e le torri fortificate della città sconfitta furono abbattute dai veneziani che imposero un podestà veneto e pretesero un atto di piena sottomissione e riconoscimento del dominio veneto. L'ultimo tentativo di rielevarsi a libero comune si ebbe nel 1348, ma finì in un massacro di tutti i ribelli e e dei mercenari assoldati e Capodistria dovette nuovamente fare un umiliante atto di sottomissione.

Capodistria rimase sotto il dominio veneto fino al 1797, data che coincise con la fine della Repubblica. Per più di quattro secoli fece parte della vita di Venezia ricevendone l'aspetto più caratteristico e nobile: cinque suoi capitani-podestà furono eletti dogi.

Crebbe d'importanza ed il suo potere si allargò su ben quarantadue località istriane. Nel 1349 Venezia elesse un particolare rappresentante della popolazione slava dell'entroterra con il titolo di »capitaneus sclavorum« cui fu affidata la soluzione dei contrasti e delle questioni più importanti.

Nel corso dei secolo, la città divenne il centro principale dell'intera provincia istriana sotto Venezia. Nel XVI secolo si ebbe la massima espansione demografica della città che raggiunse circa 10.000 abitanti; però, durante la pestilenza del 1553, a Capodistria, si contarono più di 6.000 morti.

Dal 1348 al 1797 Capodistria fu interessata soltanto da vicende locali con continue ingerenze di Venezia, la sua posizione di capoluogo di provincia le dette una forza solo apparente in quanto fu, in realtà, il centro più controllato. Inoltre dovette subire supinamente tutte le conseguenze del secolare confronto della Serenissima con l'impero austriaco.

La terribile pestilenza del 1630 ridusse la sua popolazione da 5.000 a 1.800 persone. Nel 1719, anno in cui Trieste fu dichiarata »porto franco«, segnò il crollo definitivo di Capodistria.

Durante la breve dominazione napoleaonica dal 1806 al 1813, Capodistria fu sede del distretto comprendente i territori di Pinguenzte, Pirano e Parenzo e fu governata da un prefetto. Nel 1809 fu occupata dagli austriaci. Ritornata definitivamente sotto il dominio austriaco, nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, Capodistria divenne il naturale retroterra dell'emporio triestino in piena ascesa. Rimase un porto di cabotaggio con poca importanza con una popolazione dedita alla pesca e alla piccola attività marittima e cantieristica locale.

Nel 1819 il vescovado di Capodistria passò sotto la giurisdizione metropolitana del patriarca di venezia, Nel 1830 lo stesso fu sottoposto al nuovo arcivescovado di Gorizia mentre, due anni dopo, fu unito a quello di Trieste. Nel 1861 Capodistria divenne sede del Capitanato distrettuale comprendente i territori di Isola e Pirano.

La seconda metà dell'Ottocento e la prima decade del secolo successivo sono caratterizzati dall'attiovità irredentistica, anche in Istria e a Capodistria. Insorgono gli attriti con gli sloveni del circondario, nasce una pericolosa rivalità tra le due componenti nazionali. Nel 1882 nacque la società di navigazione »Capodistriana« e la città assunse un ruolo notevole nel commercio marittimo e nel traffico passeggeri. Nel 1902 venne ultimata la ferrovia a scartamento ridotto, chiamata »Parenzana«, che univa Trieste a Parenzo via Capodistria. Nel 1910 si inaugurò la prima Esposizione istriana.

Dopo la prima guerra mondiale la città entra a far parte del Regno d'Italia e rimane sede di comune.

Le vicende del secondo dopo guerra sono note: l'esodo della stragrande maggioranza della popolazione in Italia e nel mondo, l'afflusso di popolazioni dall'interno della Slovenia, dell'Istria e dalla pensiola balcanica.

Nel 1975 il Trattato di Osimo chiude il contenzioso di confine tra l'Italia e l'allora Jugoslavia. Capodistria è definitivamente parte della Slovenia, che nel 1991 diventa uno stato indipendente. La popolazione nel frattempo è cresciuta di numero e con essa l'economia locale: il porto »Luka Koper«, l'azienda petrolifera »Istrabenz«, l'impresa di trasporti »Intereuropa«, l'istiruto finanziario »Banka Koper«, la società assicurativa »Adriatic« sono i soggetti economici di maggiore importanza per lo sviluppo economico odierno della città.



http://www.cancapodistria.org/it/breve-storia-di-capodistria.html

La storia di Pirano

L'antica città marinara di Pirano si estende all'estremo margine dell'omonima penisola, che si restringe gradualmente tra il golfo di Strugnano e quello di Pirano. La penisola termina con punta Madonna, estrema propaggine nord occidentale dell'Istria. L'etimologia del nome Pirano e' controversa: alcuni studiosi propendono per la derivazione dal celtico bior-dun, che significa località sul colle, mentre altri la fanno risalire al greco pyr - fuoco, in quanto nell'antichità' venivano accesi sul promontorio dei fuochi per indicare la rotta ai naviganti che si dirigevano all'attigua colonia di Aegida, vicino all'odierna Capodistria.


La cittadina e' molto pittoresca: le mura con le torri le fanno da corona e, dalle pendici, i tetti rossi degradano, esposti a mezzogiorno, fino a punta Madonna, La città vecchia e' costituita da un complesso di costruzioni venete, nelle strette calli lastricate, fra scalinate e portici, nei campielli e nelle piazzette, le case barocche e gotiche sono numerose, con finestre ad archi acuti, e si inseriscono fra le basse case che furono dei pescatori e dei salinai. Dall'alto di questa propaggine arenacea, dal fianco settentrionale spaccato, rigido e spoglio per l'impeto della bora, irrobustito alla base da una muratura poderosa e da arcate sostenute da piloni appoggiati alla pendice, spicca e signoreggia il Duomo di Pirano, il cui campanile, come un faro, si vede in tutto l'arco del golfo di Trieste.

Oggi la città e' il centro amministrativo del comune e, assieme alla vicina Portorose, importante località di villeggiatura marittima, con numerose istituzioni culturali, case di riposo, alberghi e ristoranti, nonché sede di importanti manifestazioni culturali.

La prima citazione della città fu a cura dell'Anonimo Ravennate, nel sec. VII, che la definì Piranon, nell'elencare nella sua opera Cosmographia i nomi delle località romane della costa occidentale dell'Istria.

Nonostante l'incerta origine del nome, e' fuor di dubbio che già nell'epoca preromana esistevano nell'entroterra insediamenti celtici ed ancor prima del popolo illirico degli Istri, che si occupavano di caccia, di agricoltura, di pesca, ed erano pure dediti alla pirateria, mettendo in pericolo le rotte commerciali dell'Impero Romano nell'Adriatico settentrionale.

Con la conquista romana dell'Istria, avvenuta nel 178/177 a.C. ebbe inizio la colonizzazione della penisola. Così sorsero nelle vicinanze di Pirano le prime ville rustiche, ma un massiccio insediamento della punta risale al periodo successivo che coincide con il declino dell'Impero romano, verso la fine del sec. V, quando per sfuggire alle scorrerie delle popolazioni barbare provenienti da oriente la popolazione soleva rifugiarsi sulle isole e penisole della costa, edificando fortificazioni e castelli in cui trovare riparo.

Pirano divenne nel sec. VII sotto il dominio di Bisanzio un "castrum" importante e ben fortificato e da qui ebbe inizio il suo sviluppo urbano. Già alla fine del sec. VI si ebbero le prime invasioni degli Slavi in Istria, ai quali seguì una graduale colonizzazione slava, che divenne ben accetta solamente all'atto della conquista carolingia, nel 788. I Franchi inclusero amministrativamente l'Istria nella marca del Friuli, sostenendo l'insediamento delle popolazioni slave nell'entro terra e le loro lotte contro la popolazione romana delle città costiere. Dopo la divisione dell'Impero franco l'Istria passò nell'843 al ragno d'Italia, mentre nel 952 divenne possesso bavarese, nel 976 passò alla Carinzia, ed infine al Patriarcato di Aquileia.

Pirano lottò per avere una propria legislazione e per tentare di liberarsi dall'autorità dei signori feudali, onde poter gestire in piena autonomia i propri traffici e commerci. Fu libero comune nel 1186 e trovò un potente alleato in Venezia, alla quale si assoggettò dal 1283, rimanendole fedele, come tutte le città della costa occidentale istriana, sino al 1797.

La fioritura commerciale ed i traffici con l'entroterra, che portò alle città istriane il legame con Venezia, fece crescere ulteriormente il ruolo delle istituzioni, della cultura e del benessere. Dal sec. XV al sec. XVII però Pirano fu traviata da lotte intestine a carattere sociale tra la nobiltà ed i popolani, che si ribellavano ed esprimevano il loro malcontento per la gestione del patrimonio cittadino, della proprietà delle saline e dei fondi dell'entroterra, esclusivamente da parte della classe nobiliare, nonché rivendicando inoltre maggiori diritti politici.

In Istria si estese anche il protestantesimo, che trovò a Pirano i suoi primi accoliti negli anni '30 del sec. XVI.

Nel sec. XVII e nel sec. XVIII la società borghese visse a Pirano l'atmosfera dell'umanesimo e del rinascimento, cui illustre esponente nel sec. XVII fu il medico Prospero Petronio. Verso la fine dello stesso secolo (nel 1692) nacque a Pirano il sommo violinista e compositore Giuseppe Tartini, autore di oltre 300 opere musicali, alcune delle quali sono considerate tra le migliori composizioni del sec. XVIII.

La prima dominazione austriaca dal 1797 al 1805 ed il breve periodo di predominio delle autorità francesi nell'ambito del Regno d'Italia (1805 - 1809) e delle Provincie illiriche di Napoleone (1809 - 1813) portarono alla città, oltre ai cambiamenti amministrativi, sociali e politici, anche alcuni interventi urbanistici di entità minore nel tessuto urbano e nell'entroterra.

L’Austria imperiale portò nel sec. XIX a Pirano un periodo di benessere, al quale contribuirono specie le saline, in quanto l'Austria, con la rivitalizzazione della produzione del sale, aumentò sostanzialmente le capacità delle saline di Sicciole, che raggiunsero una produzione annua di circa 40.000 tonnellate.

Un ulteriore contributo allo sviluppo fu fornito dall'apertura della linea ferroviaria a scartamento ridotto Parenzo - Trieste, detta Parenzana, inaugurata nel 1902. Nello stesso periodo iniziò a svilupparsi una delle attività che oggi e' tra le più importanti della città: il turismo. A Portorose si sviluppò soprattutto il turismo termale e di cura, che portò alla località dal clima mite e piacevole notorietà ed il titolo della migliore stazione di villeggiatura dell'Adriatico orientale.

Dopo la prima guerra mondiale questi territori passarono all'Italia in base al Trattato di Rapallo e, con la venuta al potere del fascismo, sorse in Istria nella popolazione sia dell'entroterra sia delle città costiere il movimento antifascista, che raggiunse il suo apice durante la guerra di liberazione popolare nel periodo dal 1941 al 1945.

Dopo i tragici eventi del primo dopoguerra e l'esodo della maggior parte della popolazione Pirano fu annessa definitivamente alla Jugoslavia e, dalla dissoluzione di quest'ultima nel 1991, fa parte della Repubblica della Slovenia.

Piazza Tartini divenne la piazza centrale della città alla fine del sec. XIII, ma ha assunto l'attuale fisionomia alla fine del sec. XIX, quando fu interrato il porticciolo per creare una vasta area urbana, ai margini della quale si ergono tutte le istituzioni municipali più importanti (il comune, il tribunale ecc.) ed i palazzi dei notabili, tra i quali si e' conservata nella sua forma originale unicamente la Casa Veneziana. La piazza e' stata dedicata a Giuseppe Tartini, sommo violinista e compositore (1692 - 1770), a cui Pirano diede i natali.

La città, che già da sola e' una collezione di sculture e portali, di architettura sacra e profana, ha una peculiarità: la collezione di sculture moderne all'aperto, sita sulla penisola si Sezza, di fronte a Portorose. Il simposio internazionale di scultura "Forma viva", istituito nel 1961 su iniziativa degli artisti Jakob Savinšek e Janez Lenassi, ospita oggi oltre 200 sculture monumentali, create nell'ambito del tradizionale incontro che le Gallerie costiere di Pirano continuano ad organizzare con successo.



http://www.portoroz.si/it/storia-di-pirano

Novigrad-Cittanova: una storia sulle mura cittadine

Anche se Cittanova e' un posto con poco più di 4000 abitanti, oggi ha il titolo di Città, come d'altronde l'aveva in passato. A vantaggio di questa causa gioca anche la terminologia storica che spiega, se ci cingiamo con una spiegazione breve, che una città e' quel posto che e' circondato dalle mura e possiede un'autonomia locale. Cittanova possedeva sia l'uno che l'altro e di questo ci parla un manoscritto del 1754 che contiene la trascrizione dello statuto cittanovese del 1401. Come atto legale di base che regola la vita legislativa di una comunità, la completa procedura legale e la giurisdizione, lo statuto testimonia che Cittanova all'inizio del 15 sec. aveva il titolo di città - comune. Nello statuto sono menzionate anche le mura cittanovesi e la cura delle stesse da parte del potere cittadino. Ovvio che Cittanova e le sue mura sono più antiche della data menzionata. Esiste il parere che tra le città istriane "quasi non esista una città che abbia i propri debutti sul palcoscenico storico così avvolti nella nebbia e tante convergenze dei storici come e' il caso di Cittanova". La genesi di Cittanova come paese su di un’isola costiera (solo nell'età' moderna tramite inghiaiamento e' stata formata la penisola) fino ad oggi non e' ancora stata rivelata del tutto. La scienza moderna (Cuscito 1997, Ujčić 1997, Jurković-Matejčić 2003) ha abbandonato le tesi antiche che identificavano Cittanova con toponimi Emonia o Emona. Quello che tutti gli autori moderni vogliono sottolineare e' l'esistenza di Cittanova nel tardo periodo antico come del castrum o castellum tardo-antico, vale a dire paese civile con possibilità di difesa (Matijašić, 2002). L'autore menzionato conferma la propria tesi anche con il solo nome della città che viene menzionata nelle fonti come Neapolis, Civitas Nova e Castellum Novas. Malgrado la mancanza di maggiori ricerche archeologiche Marušić (1989) ha designato alla città tardo-antica sia il perimetro di estensione che il retino urbano con i quali accordano anche altri autori. Per quanto riguarda il nostro tema e' importante sottolineare che questo raggio con una piccola parte a nord e a sud dalla Porta Terraferma, coincide con il perimetro delle mura cittadine conservate fino ad oggi. Questa attraente circostanza archeologica e' stata intuita molto chiaramente già da Parentin (1974) che menzionava le remote radici della tradizione dell'inserimento della chiesa (Spirito Santo) nella torre vicino alla porta principale cittadina. Il periodo dell'alto Medioevo nella storia istriana proprio negli ultimi anni era contrassegnato da grandi attività interdisciplinari di ricerca alle quali si sono dedicati, oltre ai ricercatori croati, italiani e sloveni, anche altri, soprattutto professionisti francesi. La tesi conosciuta già da tempo su Cittanova come centro dell'alta amministrazione franca dove aveva residenza il duca (dux) Giovanni, e' confermata da nuovi reperti materiali e proprio di una reinterpretazione sensazionale dell'architettura e della scultura della chiesa parrocchiale di San Pelagio, che una volta era cattedrale, e della sua cripta (Matejčić, Jurković). Tutto sommato, il significato chiave che aveva Cittanova nel periodo dell'alta amministrazione carolingia, verrà sicuramente confermato con nuove analisi come anche con ampie conclusioni di quelli che si riferiscono all'architettura e la scultura sacrale analizzata fin ora. Con queste osservazioni bisogna aggiungere che Cittanova registra invasioni già nell'alto Medioevo (croati, saraceni) che sono sicuramente risultate in constanti rinnovamenti e rafforzamenti delle mura. Anche se ancora per secoli non apparterrà formalmente a Venezia e nella lotta per l'indipendenza, in alleanza con altre città costiere istriane, cercherà di opporsi con le armi a questa potenza dell'Adriatico in ribalta, Cittanova già verso la fine dell'Alto Medioevo gradualmente entra nella sfera d'interesse della Repubblica veneziana. Nel tardo Medioevo Cittanova e' nel potere di diversi feudatari tedeschi e poi nelle mani del patriarca d'Aquileia. Nell'anno 1270 la città e' stata formalmente sottomessa da Venezia il che ovviamente significava uno scontro con Genova. Le sue truppe hanno devastato in maniera rilevante Cittanova verso la fine del 14 secolo. Con il susseguirsi di avvenimenti storici l'attuale aspetto delle mura appartiene quasi completamente al periodo dell'amministrazione veneta. Nella piccola, e quasi sempre troppo povera Cittanova veneta (a differenza della Cittanova del periodo carolingio quando era una ricca sede amministrativa), ovvio che le mura non sono state progettate da Michele o Gian Girolamo Sanmicheli, Sforza Pallavicini o qualcun'altro dalla sfera dei grandi della ingegneria militare veneziana. E' un'opera questa di grandi maestri locali che dopo la formazione di bassi bastioni, a lungo e con perseveranza in un loro modo arcaico, innalzavano e riparavano le alte mura costruite con pietra istriana con la merlatura caratteristica. Oltre la povertà e l'inerzia si trattava qui anche di una particolare tradizione. Nei secoli a susseguirsi registriamo grandi lavori sulla costruzione e riparazione delle mura che in maniera chiara testimoniano gli stemmi delle podestà del periodo. Si trovavano, e in parte vi si trovano ancora, sulle mura cittadine. Nell'Evo moderno, soprattutto per la paura dei turchi, i podestà continuano con la riparazione e la costruzione del sistema di fortificazione cittanovese, che e' di per se documentato con rilevanti reperti materiali e fonti scritte. Anche se i centri della guerra degli uscocchi e della guerra di Candia erano lontani da Cittanova, incombeva in ogni modo la minaccia dei saccheggi dal mare. L'infelice Cittanova non e' stata risparmiata da nessuno dei pericoli menzionati. Cittanova ha patito un'enorme perdita durante l'improvvisa irruzione dei turchi nel 1687. Questo e' il periodo di culminazione del plurisecolare impoverimento e spopolamento di Cittanova. La città precedentemente colpita dalla malaria e' stata poi colpita dalla collera e la popolazione ha raggiunto le trenta famiglie. Nel 18 secolo comincia il ristabilimento e così nel paese si registra un'importante attività edilizia. Le vecchie strutture medievali e rinascimentali si ricostruiscono e collegano in entità più grandi del tipo barocco. L'ultima parte le mura l'hanno avuta durante l'embargo continentale e le guerre napoleoniche, quando i francesi mantenevano la roccaforte vicino al palazzo parrocchiale. Dopo di questo e fino all'era moderna e i primi interventi della sovrintendenza alle antichità, esse servivano ai cittanovesi come "cava di pietra", i.e. come fonte del materiale edile per la costruzione delle case. Sulle mura cittadine si potrebbero scrivere tante storie. Una di queste potrebbe parlare di loro come monumento architettonico cittanovese più completo. Ma prima di tutte le storie, le nostre mura testimoniano del tempo che e' dietro di noi, di un ricco patrimonio storico - culturale cittanovese che non appartiene soltanto allo spazio autoctono: con l'intreccio di rapporti e influssi reciproci essa diventa parte integrante non soltanto degli avvenimenti storici croati ma anche di quelli europei. Infine, le mura cittadine parlano anche dell'identità' di Cittanova che, cosciente del proprio passato, cerca di salvaguardare i propri valori e significati per la futura prole.




Jerica Ziherl

(pubblicato nel libro dell'organizzazione internazionale delle citta circondate dalle mura (WTFC))



http://www.novigrad.hr/IT/ngd_content/ongd_povijest2.htm

lunedì 25 ottobre 2010

Parenzo e la sua storia

I più antichi reperti della presenza umana nella zona di Parenzo risalgono a 4000 anni fa e si trovano a Picugi e Mordele, colline dove sono stati trovati i resti di edifici, tombe, ceramiche, strumenti e armi appartenuti ad una civiltà finora sconosciuta e agli Histri, antico popolo che abitò questi luoghi.


Parenzo ha 2000 anni. Al suo posto esisteva un paese ma lo sviluppo della città iniziò con l'arrivo dell'esercito romano, quando la cittadina fu trasformata in un castrum. Nel primo secolo Parenzo divenne una colonia romana e ottenne lo status di città acquisendo il nome di Colonia Iulia Parentium. Le mura della città furono costruite già nel IV secolo mentre nel V secolo fu costruita la famosa Basilica Eufrasiana. Dopo la caduta di Roma, gli Ostrogoti entrarono in città mentre ben presto il potere passò all'Impero Bizantino. I croati arrivarono qui nel sesto secolo e costruirono il primo insediamento permanente. Alla fine del VII secolo la città cadde sotto l'autorità dei Franchi, ebbe un breve periodo d'indipendenza nel XII secolo e poi passò sotto l'autorità dei patriarchi di Aquileia.

Nell’anno 1267 Parenzo divenne la prima città in Istria che riconobbe il potere della Repubblica di Venezia. I Veneziani furono i padroni di Parenzo per più di cinque secoli. Durante questo periodo, tra le altre cose, fu costruito il faro sull'isola di San Nicolò la quale si trova di fronte alla città. A quei tempi, con un’altezza di 15 metri, era il faro più alto sul mare Adriatico.

Alla fine del 18-esimo secolo la città fu occupata da Napoleone mentre nel 1797 cadde nelle mani dell’Impero Austriaco. Nel 1845 fu stampata la prima guida turistica della città con foto e descrizioni dei luoghi. Nel 1861 Parenzo divenne la capitale dell'Istria e la sede di tutte le istituzioni di quei tempi. Nel 1902 fu costruita la Parenzana che collegava Parenzo a Trieste e nel 1910 fu costruito il primo albergo. Dal 1920 fino al 1943 la città fu sotto il dominio italiano, quando divenne finalmente una parte della Croazia. Nel 1944 Parenzo fu gravemente danneggiata durante il bombardamento alleato quando la parte vecchia della città sparì letteralmente e molte delle sue parti furono gravemente danneggiate. Nel 1991 entra a far parte della Repubblica indipendente della Croazia.



http://www.histrica.com/it/istria/blu/parenzo/

mercoledì 20 ottobre 2010

A Strugnano, all’osteria Pod Trto

Siamo in Slovenia, è circa l’una e non sappiamo dove andare a mangiare un boccone. Al solito, decidiamo di andare a caso. Vediamo che il ristorante è chiuso, e optiamo per l’osteria. Mai scelta fu più felice. Arrivarci è semplice, sulla vecchia strada al semaforo si gira a destra, venendo da Capodistria, e poi subito a destra. Cinquanta metri a sinistra ecco l’osteria, con un gran parcheggio davanti.


Il Pod Trto si presenta subito bene, con un cameriere veloce e competente. La scelta è tra carne e pesce, e decidiamo per la carne, optando per una grigliata mista.

E’arrivato un piattone di carne, con un contorno immenso di patate, naturalmente con salsa e cipolle. La carne era tenerissima, come l’abbiamo mangiata solo in Slovenia. Naturalmente acqua e vino bianco hanno accompagnato il tutto(anche se era di rigore rosso, ce ne siamo fregati e abbiamo optato per un bianco niente male). Il tutto a un prezzo più che decoroso.

Grazie a loro e alla loro ospitalità.



Indirizzo: Strunjan 32, 6320 Portorož

Telefono: ++386 5 678 23 72

http://www.slovenia.info/it/gostilne/Osteria-Pod-trto.htm?gostilne=2601&lng=4

giovedì 14 ottobre 2010

Verteneglio, un paese ridente

Siamo stati a Verteneglio, edè un paese bello e ben tenuto. Vediamo un poco la storia.Al 1234 risale il più antico riferimento documentario alla località, presente in un atto di confinazione tra i territori di Cittanova e di S. Giorgio, quest’ultimo castello medievale alla foce del Quieto. Nel documento, il conte Mainardo è chiamato a decidere, quale arbitro, una questione vertente tra Vosalco di Momiano, Enrico di Pisino nonché il Comune di Cittanova da una parte, e Vidotto e Flabiano signori di S. Giorgio dall’altra. Tra le varie località nominate nel documento appare anche Ortoneglo (Verteneglio). Nel Cinquecento Verteneglio doveva essere già una borgata notevole se nei mesi estivi vi soggiornavano i vescovi emoniensi per sfuggire alla malaria. Sappiamo che proprio a Verteneglio, nel 1621, Massimo Rigo, vicario di Eusebio Caimo vescovo di Cittanova già canonico di Aquileia, dava una pergamena con la quale si voleva por fine alle liti sorte tra alcune famiglie buiesi per il diritto di nomina del prete addetto alla locale chiesa della Beata Vergine delle Grazie. Il Caimo, anzi, finì con il morire a Verteneglio il 18 ottobre 1640 e la sua salma fu trasportata ad Udine nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie.


Nella seconda metà del XVI secolo la borgata faceva parte delle parrocchie soggette a Cittanova, ma si apprestava a diventare parrocchia autonoma. Ciò avvenne il 27 gennaio 1580 con la visita apostolica del vescovo Agostino Valier. Come le altre località istriane, anche la nostra ebbe a soffrire le ripetute epidemie di peste. La mancanza di dati a riguardo non ci permette di affermare con certezza se fu risparmiata dal contagio prima del Seicento. Certamente non lo fu dall’epidemia del 1630 –31 che decimò la popolazione locale riducendola da 587 anime a 326. Verteneglio, dopo la peste, si riprese rapidamente. La borgata, favorita dal clima e dal terreno fertile, attirò molte famiglie dai paesi vicini, specialmente da Cittanova dove allora infieriva sia la peste che la malaria. Tra nuove famiglie che si insediarono ricorderemo i Rigo e i Busin, grossi proprietari terrieri e commercianti in legname, pollami e prodotti alimentari. Dal Friuli vennero boscaioli, artigiani, negozianti e coloni e la popolazione crebbe rapidamente attestandosi sui livelli precedenti l’epidemia. Strettamente legato alla peste è il problema della colonizzazione, intrapreso dalla Repubblica di Venezia per ridare vita all’agricoltura e all’economia in generale. L’insediamento di nuovi coloni si effettuava mediante l’investitura, per cui venivano concessi fondi e casali con l’obbligo al pagamento in natura del terratico e delle vigesime ecclesiastiche. Già sul finire del XV secolo la Repubblica di Venezia stanziò a Verteneglio e nella campagna circostante una trentina di famiglie dalmato-montenegrine, la cui presenza è documentata dai cognomi alcuni dei quali ancor oggi esistenti: Barnabà, Covra, Da Lesina (Delesina), Doz. Nel 1530 s’ebbero altri insediamenti nelle campagne di Buie e Cittanova ed, in seguito, negli anni 1540-41, furono ripopolate con Morlacchi e Dalmati le campagne abbandonate di Umago e nuovamente di Buie e Cittanova.

Va detto che questo tipo di colonizzazione non ebbe soltanto ripercussioni sulla struttura etnica del villaggio, ma contribuì anche a modificare le vecchie istituzioni sociali sino allora vigenti. Chi si stabiliva a Verteneglio e diventava proprietario di terre, dopo un decennio, poteva entrare a far parte della vicinìa, una forma assocciativa nella quale nuclei di coltivatori erano riuniti dall’uso o dalla proprietà dei terreni, dei pascoli, dei boschi ecc. Il contadino era qui un libero proprietario che coltivava i suoi poderi, oppure teneva in enfiteusi quelli dei proprietari appartenenti alla stessa vicinìa. Verteneglio era l'unica villa di Cittanova ricca di cereali, vino e olio; dalla Serenissima ricevette in affitto perpetuo il Bosco Cavalier e, nel 1574 la finida de Ortal e quella di Punta Comune in seguito usurpata dai Conti Sabini feudatari di Daila.

http://www.brtonigla-verteneglio.hr/

martedì 5 ottobre 2010

La Rotta dei profumi del mare in Istria: la Sogliola d'oro

La storia dell'Istria e della sua gente è sempre stata intrinsecamente legata al mare ed il passato marittimo delle sue città costiere è chiaramente visibile nella ricchezza delle architetture dei palazzi. Durante l'ultima metà del XX secolo, il mare e la bellezza delle costa istriana hanno contribuito ad un forte sviluppo della regione,rendendola oggi una delle migliori destinazioni turistiche di tutto il mediterraneo.


Assaggiare il pesce bianco di prima qualità preparato sotto sale o in forno con patate o, perchè no, crudo con succo di limone ed olio d'oliva, preparato fresco davanti ai vostri occhi, è una gioia per i palati!

La combinazione della tradizione peschereccia con la ricchezza del mare ed il turismo hanno portato alla fioritura gastronomica della regione costiera istriana.

Per gli amanti del pesce,nell'Istria nord-occidentale, dalla seconda metà di ottobre fino alla metà di novembre si svolge la manifestazione 'Giornate della Sogliola', durante la quale selezionati ristoranti preparano pietanze e menù a base di questo eccellente pesce.

Zlatna švoja - Sogliola d’oro è organizzata dagli enti per il turismo del comprensorio Umago/Cittanova (Umago,Salvore,Buie,Verteneglio e Cittanova) e dall’Ente per il turismo della Contea Istriana, ed è dunque un concorso gastronomico dedicato alle specialità a base di sogliola ed alla promozione di questa delizia del mare.

La manifestazione conoscerà a fine ottobre un galà di presentazione in Italia,nella splendida cornice di Villa Nani Mocenigo, a Dolo, nella Riviera del Brenta veneziana, grazie alla partecipazione degli Enti Turistici istriani alla rete dei Borghi Europei del Gusto.

La nazionalità della sogliola è l’alto Adriatico, perché la sogliola è uno di quei pesci meravigliosi che ha un ciclo biologico particolare. Le sogliole grosse, quelle da 25-30-35 centimetri, si trovano in genere da ottobre fino a febbraio fuori le coste dell’Istria, e sono pescate dai pescatori di Grado e Marano, mentre quelli di Caorle già non ci arrivano più, ma sono pescate anche dai pescatori dell’Istria a tre o quattro miglia dalla costa. Pescano i riproduttori. Le uova galleggiano, quindi vengono in superficie, sono trasportate dall’acqua e la corrente da quella parte va verso la costa italiana, ed ecco che allora raggiungono il golfo di Trieste, gli girano intorno e si fanno tutto il golfo di Venezia. Però nel frattempo crescono, viene fuori un pesciolino che nuota sempre in superficie e non ha niente a che vedere con quello che si trova sul fondo, continua a crescere e dopo un mesetto è arrivato quasi a un centimetro. C’è uno strano aspetto biologico che ha del fantastico, cioè che un occhio gira dall’altro lato. Quando l’occhio fa la migrazione lungo il muso del pesce e raggiunge l’altro lato, la sogliola, da pesciolino che sta dritto, si mette su un fianco e dai due occhi che guardano sopra è costretta a andare sul fondo. Lunga poco più di un centimetro entra nelle lagune venete, nelle valli del delta del Po, e cresce lì. Siccome nasce a gennaio-febbraio, cresce e rimane lì fino ad agosto-settembre. A novembre la soglioletta raggiunge i 18 centimetri.



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lunedì 4 ottobre 2010

La Festa di San Martino a Momiano di Buie in Istria

La Festa tradizionale è dedicata al santo protettore della città: San Martino. Si organizzano degustazioni di vini del momianese. Una vetrina del Moscato, doveaccanto a quello momianese , saranno esposti anche i vini provenienti da diverse zone dell’Istria, della Slovenia e dell’Italia


La degustazione del vino e la Vetrina del Moscato rimarranno aperte al pubblico durante tutta la durata dell’evento in alcune cantine di Momiano.

Verranno organizzati inoltre diversi eventi sportivi, raduni di motociclisti e di fisarmonicisti.

“II Moscato di Momiano lo beveva l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. Lo voleva per i suoi pranzi importanti. Lo sceglieva per il suo inconfondibile profumo, per il colore, il sapore, tant'è che lo insignì di diverse medaglie d'oro. Ma che cos'ha di eccezionale Momiano? La posizione giusta, a 250 metri sul livello del mare, la terra buona, l'aria frizzante, resa tale dall'incontro di correnti che salgono dal mare e scendono dalle montagne. Da Oscurus a San Mauro a Merischie si possono già vedere le viti piantate solo qualche anno fa. Sono molto delicate. Una pioggia più forte o una grandinata possono compromettere il lavoro di una stagione. Tutta l'arte del fare il moscato sta proprio nel portare a giusta maturazione il loro frutto. L'acino è molto delicato, basta un niente e si svuota del succo.

Prima dell'esodo, Momiano aveva novanta numeri civici sulle rispettive case. Gli edifici, tuttora esistenti, erano a più piani e quindi di gente ce n'era. Dopo gli anni Cinquanta rimasero qui soltanto sette famiglie: Bassa, Giurgevich, Pelin, Biloslavo, Scaramello, Orlando e Salich. I campi incolti, la migrazione verso le industrie e le aziende sociali di chi era rimasto, hanno contribuito a far sparire usi e costumi, o a trasformarli in riti da consumarsi soltanto all'interno della famiglia.

Ad un certo punto, i giovani della zona si sono resi conto che c'era una strada sicura da percorrere: quella della tradizione. Tornare al lavoro dei campi, con l'impegno di tutta la tecnologia necessaria e la presentazione, qualificata e qualificante, dei prodotti sul mercato.

A spronare la generazione dei trentenni a produrre ed imbottigliare i vini sono stati anche i riconoscimenti ottenuti in occasione della Festa di San Martino, tornata in auge dopo anni di silenzio. Da qualche anno, infatti, l'11 novembre si premiano i vini migliori di tutta la zona. È una sagra che dura diversi giorni e che riassume in questo periodo dell'anno tutti i contenuti e gli appuntamenti che, una volta, avevano luogo nei paesetti del Buiese. Si svolgono incontri di bocce, si balla in piazza e per le strade, si beve vino in una generale, inevitabile, euforia.”

(Tratto da: Rosanna T. Giuricin & Stefano de Franceschi, Mangiamoci L'Istria, MGS Press (Trieste, 2001), "La Polenta" [Da Abbazia a Grobnico], p. 164-91.)



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giovedì 23 settembre 2010

Al Rondò di Buje

Eravamo a Buje, e Valter e Dario ci invitano per un bicchiere. Siamo in piazza a Buje, in Istria, ed andiamo al Rondò, fidandoci di Valter, che è responsabile dell’Ufficio Turistico.


Era una giornata bellissima, non sembrava che fosse autunno: insomma una tipica giornata calda, la velatura afosa si è sentita dopo, nel pomeriggio.

Sento parlare in entrambe le lingue, croato e veneto, e mi sento bene, come fossi in un qualunque caffè veneto o friulano. Per stare prima, arrivando da Plovania, al semaforo si gira a destra, sulla prima piazza si trova sulla destra. E’ anche abbastanza facile sostare.

Arriva quasi mezzogiorno, e già che ci siamo andiamo all’interno per un boccone: la sala è ampia, con vista sulle colline istriane. L’odore mi ricorda la mia prima giovinezza, e poi scopro che stanno cucinando il pane con l’impasto della pizza.

Il menu è abbastanza semplice, lasagne con le verdure, che non ho capito cosa fossero, e bistecche di pollo impanate: tutto molto buono e croccante, in un piatto ben preparato. Il servizio è veloce e cortese.

Per chi passa da queste parti, è un punto di riferimento valido, che vogliamo ricordare.



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domenica 6 giugno 2010

Una Banca al Festival Europeo del Gusto del 2009

Laura Panizutti, dell'Ufficio dei Promotori Finanziari di Bassano del Grappa di Banca Mediolanum, ha seguito tutti gli incontri che l'Associazione l'Altratavola e l'Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto hanno realizzato da giugno a novembre 2009, per la partecipazione delle aziende venete al Festival Europeo del gusto che si è tenuto nella prima settimana di dicembre a Salvore, Umago e Buie, nell'Istria Croata.


Le tappe più qualificanti di questo percorso hanno toccato il comune di Sernaglia della Battaglia (ove si è svolta una tre giorni di stage televisivo con oltre cinquanta aziende), presso la Trattoria Dalla Libera, per registrare i programmi de L'Italia del gusto, in onda sulle frequenze di TeleNordest (settembre 2009); i comuni di Susegana, Vazzola, San Polo di Piave e Cimadolmo, per il percorso di Terre d'Autunno (ottobre 2010) e ,infine, la partecipazione alla cinque giorni in terra istriana.

"Non si è trattato di una semplice sponsorizzazione -osserva Guidalberto Lorenzon, membro del comitato promotore delle iniziativa- ma di una vera e propria partnership,con interventi nel corso degli incontri e dei dibattiti, non solo per presentare i prodotti e la filosofia di Banca Mediolanum, ma per portare un contributo concreto alle tematiche affrontate. In un certo senso, gli imprenditori hanno 'sentito' una presenza diversa,affidabile".

Dal 4 al 7 dicembre 2009, l’Associazione Internazionale Borghi Europei del Gusto, in collaborazione con Italia del Gusto e Paesaggiritrovati.it, ha aperto le porte ai sapori autentici d’Italia e d’Europa. Un evento simbolicamente itinerante, attraverso l’ultimo lembo dell’Istria italiana, Muggia, per poi continuare a Buje, Salvore ed Umago in Croazia. Per l’occasione sono state presentate al pubblico le esperienze di oltre dieci Paesi europei attraverso quattro laboratori: l’Informazione (con conferenze stampa e interviste in diretta), la Vineria (con degustazioni commentate), il laboratorio di Comunicazione (con sala stampa radio tv e online) e gli incontri a Convivio.

Una tre giorni dedicata ai borghi d’Italia e d’Europa, che hanno tanto da raccontare e da vivere, a tavola e non solo.

"Di questa iniziativa -conclude Lorenzon- Banca Mediolanum, grazie all'Ufficio dei Promotori Finanziari di Bassano del Grappa, è stata certamente una protagonista insostituibile."

martedì 13 aprile 2010

Bacco e Arianna ad Asparago d’Oro


L’agriturismo Bacco e Arianna ha partecipato al simpatico incontro-scontro Asparago d’Oro, che si è tenuto a Buje, in Istria. Ha partecipato come rappresentante dei Colli Euganei, ed hanno ottenuto un buon risultato. Mirella ed Ernesto Calaon di Bacco e Arianna hanno presentato alla gara gastronomica tenutasi alla Taverna Malo Selo Fratrija i propri prodotti tipici e il loro modo di cucinare, in particolar modo gli asparagi.


L’Asparago d’Oro è toccato a Malo Selo, argento per Bacco e Arianna, ed infine bronzo alla Slovenia per La società per il vivere sano “Manzan Capodistria”.

Come si vede, continua la collaborazione sempre più amichevole fra i soci di Borghi Europei del Gusto. Bravo Ernesto!

(nella Foto, 2 da sx Padovani, Valter Bassanese dell’Ufficio Turistico di Buje, e il sindaco di Buje Edi Andreasic', ultimo a dx Ernesto Calaon.)



Enoturismo Bacco e Arianna

Via Cà Sceriman, 784 - 35030 Vò - Padova - ITALY

Tel: (+39)049.9940187 - Fax: (+39)049.9944273

E-mail:info@baccoearianna.com

http://www.baccoearianna.com/



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mercoledì 31 marzo 2010

La sparisada di Castelvenere



Come ogni anno, ci sarà la sparisada di Castelvenere, vicino a Buie, in Istria. La novità è che quest'anno alla gara internazionele Asparago d'oro, partecipa un rappresentante dei Colli Euganei, l'agriturismo Bacco e Arianna di Vò.



PROGRAMMA



MERCOLEDI' 07.04.2010



„ASPARAGO D'ORO“ gara gastronomica internazionale

Taverna MALO SELO Fratria



VENERDI' 09.04.2010



16:00 Tennis da tavolo

17:00 Torneo di piccolo calcio «VETERANI»

22:00 Divertimento e ballo –QUO VADIS BAND E KOKTELSI



SABATO 10.04.2010



08:00 Torneo internazionale di bocce

09.00 Torneo di paintball

10:00-14.00 Gara nella raccolta degli asparagi,

premio speciale «UNA SPALLETTA PER L'ASPARAGO PIU' LUNGO»



SPARISADA PER BAMBINI

15:00 Gara ciclistica per bambini

16:30 Laboratorio creativo per bambini

18:00 Allegro pomeriggio con i bikers

19:00 Mostra dei cibi agli asparagi dei ristoratori locali e delle casalinghe di Castelvenere

19:30 Degustazione dei cibi agli asparagi e dei vini premiati

21:00 Divertimento e ballo - MAMBO KINGS



DOMENICA 11.04.2010



09:30 Passegiata per i “trosi” (sentieri) di Castelvenere

10:00 MOUNTAIN BIKE giro ciclistico

11:00 Santa messa – OTTAVA

11:00 Mostra di fotografie e manufatti

14:00 Mostra degli old-timer

15:00 Partita di campionato bocciofilo Castelvenere - Oslici

Terza lega regionale

18:00 MEGASPARISADA – asparagi selvatici alla CASTELLANA

19:00 Consegna dei riconoscimenti e programma culturale

20:00 Divertimento e ballo – BULLEA FOLK



CITTA' DI BUIE,ENTE PER IL TURISMO DELLA CITTA' DI BUIE,COMITATO LOCALE DI CASTELVENERE,SOCIETA' ARTISTICO CULTURALE E SPORTIVA “LIPA”CASTELVENERE,

COMUNITA' DEGLI ITALIANI DI CASTELVENERE,CLUB BOCCIOFILO CASTELVENERE,PAINTBALL CLUB CASTELVENERE,ENTE PER IL TURISMO DELLA REGIONE ISTRIANA



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