lunedì 15 marzo 2010

Il riso nel Veneto: Grumolo delle Abbadesse

Del riso nel Veneto si fa grande uso e questo è un fatto che fa pensare considerando che, eccettuato il delta del Po e il veronese i più grandi produttori di riso si trovano in Lomellina ed a Vercelli. Noi però produciamo riso di altissima qualità, oltre che nel Rodigino, soprattutto nella zona di Isola della Scala, nel Veronese: qui troviamo gran parte dei 3350 ettari di risaia della regione. Sono coltivati soprattutto a Vialone Nano, una varietà che ha ottenuto recentemente l'Indicazione geografica protetta. Di questo cereale noi abbiamo un concetto diverso dai vicini lombardi: non lo mangiamo mai liscio, ma sempre cotto e servito con molti ingredienti, come carni di tutti i tipi, perfino di montone, salsicce, fegatini di pollo, trippa, fagioli e uva passa, piselli, oltre naturalmente a pesci e frutti di mare.


Una zona particolare è quella di Grumolo delle Abbadesse. Il nome del comune fa riferimento al poggio, grumulus, sul quale nell’antichità sorgeva un castello; le badesse sono invece le principali artefici della fortuna del paese. È infatti alle monache del monastero benedettino di San Pietro a Vicenza che pochi anni dopo il Mille il vescovo Liudigerio I dà in feudo le terre di Grumolo confidando nella tradizionale operosità dell’ordine.

Così in due secoli le selve paludose che si stendono oltre il Tesina cambiano aspetto: eliminate le boscaglie e aperti canali di bonifica, sono resi produttivi ben 900 campi vicentini, vale a dire 350 ettari. Nel Cinquecento, 200 campi sono destinati alla coltura del riso, cereale introdotto dagli Arabi in Sicilia nel IX secolo ma affermatosi soprattutto nelle terre della pianura padana bonificate dai Benedettini.

A Grumolo, l’opera principale è il canale detto per l’appunto della Moneghina, che attraversa il centro abitato con il duplice scopo di portare le acque del Tesina alle risaie e consentire il trasporto del raccolto su chiatte trainate da cavalli verso i magazzini della corte benedettina in paese. Poi le acque si frazionano in rogge e canalette a disegnare il paesaggio caratteristico della risaia. Nei secoli alle religiose sono subentrate le famiglie nobili e a ciò si deve l’unicità di un paesaggio che abbina le geometrie delle risaie alle architetture delle ville nel gioco di riflessi della tarda primavera, quando la campagna è allagata, e poi in una cornice lussureggiante, verde smeraldo, quando tutt’intorno, a estate avanzata, la natura è stanca e polverosa.

Unico è anche il quadro gastronomico, con abbinamenti per ogni stagione su tavole nobili e contadine: come risi e bisi, (piselli) che il doge richiedeva nel giorno di San Marco, 25 aprile, patrono della Serenissima; oppure il risoto coi bruscandoli, i germogli di luppolo selvatico, apprezzato in tutto il nordest, che si colgono lungo le siepi; più avanti è il momento di tinche e anguille, in autunno, la delizia delle quaglie; più avanti ancora è la volta di fagioli, patate, verze, zucca.

A Grumolo si produce, secondo la tradizione veneta, soprattutto il Vialone Nano, selezionato nel 1937 da varietà locali: è un riso semifino, dai chicchi piuttosto piccoli e tondeggianti, molto ricchi di amilosio (23,8%), ben compatti a cottura e con una grande capacità di crescita, per questo ideale tanto per i risotti che per le insalate. In anni recenti è cresciuta la produzione di riso Carnaroli, varietà superfina tra le preferite dalla grande cucina per l’insieme delle sue doti, dall’eleganza del chicco allungato all’elevata percentuale di amilosio (24%), anch’esso ideale per risotti che debbono apparire ben sgranati. A Grumolo la stagione del riso comincia con il 25 di aprile, data di riferimento per la semina, che viene effettuata a seconda delle tecniche adottate, in asciutta o con il terreno allagato.

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